Si parte sempre dal Mugello, più precisamente da Scarperia (Fi), in cerca di qualcosa. Cosa c'è di meglio di randagiare vicino o lontano da casa, per vedere posti, incrociare odori, sapori, umori, per sentire quella sensazione di scoperta ad ogni passo che fai? Per me nient'altro!
La curiosità è la miglior benzina al mondo, per cui....ecco il perchè di questo blog, un posto dove racchiudere tutti i miei passi, in moto ma non solo. Se vi va di dare una sbirciata siete i benvenuti, altrimenti....ci vediamo a zonzo da qualche parte ;-)

Dove andare a curiosare

sabato 30 settembre 2017

Santuario Bocca di Rio e un po' di pieghe

Un giretto piccolo piccolo per testare la mia nuova (e prima) telecamerina. Un giro tra il sacro e il profano, in un clima perfetto, strade perfette, curve perfette. Alè!



sabato 23 settembre 2017

Museo della Bonifica di Saiarino

Di solito si dice che viaggiando, specialmente in moto, non conta la meta ma come la raggiungi.
Per noi invece la meta conta eccome, come fosse la famosa ciliegina sulla torta, l’ingrediente che esalta il sapore senza stravolgerlo, il regalo sotto l’albero di Natale.
Per questo la ricerca di spunti è quasi continua e tutto, ma proprio tutto tutto quello che ci passa tra le mani, cartaceo o elettronico che sia, merita una sbirciata.
Oggi usciamo ognuno sulla sua moto e per godersi i mezzi in tutto relax non ho assolutamente voglia di passare la piana di Firenze per andare verso sud. Troppo caos, troppo stress.
Cercando spunti a nord trovo qualcosa che mi solletica e appena lo propongo a Veronica trovo una risposta entusiasta.
Il Museo della Bonifica di Saiarino, nel ferrarese, sarà la nostra ciliegina odierna.
Un po’ di curve e panorami sul passo del Giogo e lungo l’imolese, strade dritte campi e canali fino ad Argenta.
Prendeteci per pazzi, ma fare quelle strade di pianura per noi ha un fascino particolare. Si galoppa per km senza traffico, sfiorando antichi cascinali che chissà quante storie avrebbero da raccontare.


Partiamo sotto un cielo un po’ ingrugnato, sperando che le tute antiacqua siano solo un inutile zavorra. Alla fine della giornata sarà così, ma non solo per le tute...

Su per il Giogo

La Rocca di Castel del Rio

Alle 11 arriviamo a destinazione, con la guida che ci stava aspettando. Avrei pensato di trovare almeno un piccolo gruppo di persone in attesa di iniziare il percorso, mentre invece il gruppo sarà composto solo da me, Veronica, una ragazza in stage e la guida. Inutile dire che siamo felici di così poco assembramento.
Il giro, interessantissimo, durerà quasi due ore, con la guida che ci spiegherà lo sviluppo della bonifica, degli ovvi benefici portati sulle popolazioni sia in termini sanitari che economici, sugli aggiornamenti sulla rete dei canali sia per l’approvigionamento idrico per l’irrigazione dei campi che per scongiurare i devastanti allagamenti causati dalle piogge torrenziali sempre più probabili e catastrofiche. Un viaggio tra fiumi, canali, casse d’espansione, richiami a fisica e meccanica.
Il Museo è di fatto un’opera idraulica costruita all’inizio del secolo scorso, inaugurata nel 1925 dal Re Vittorio Emanuele III e ancora perfettamente funzionante e rispondente ai fabbisogni odierni. Le sei idrovore possono innalzare enormi quantità d’acqua nei momenti più critici per poterle poi scaricare nel fiume Reno che passa proprio lì accanto, così da riuscire a regimare il livello idrico in una bella fetta di pianura.
Nell’area esterna al fabbricato principale ci sono alcuni strumenti usati nella costruzione e manutenzione dell’impianto e partiamo da lì, dal faticoso lavoro e dalla determinazione di migliaia di persone ad immaginare la grandezza e l’importanza dell’opera.
Per le popolazione dell’area la bonifica ha rappresentato il passaggio dalla speranza alla certezza del futuro, uno step evolutivo, fisico e mentale che al giorno d’oggi fatichiamo a comprendere.


Alcuni strumenti necessari alla costruzione dell'impianto


Entriamo nel fabbricato principale e, per chi come me è innamorato di archeologia industriale, l’effetto è bellissimo.
Ci troviamo davanti al progresso, ma l’idea è più quella di trovarci nella hall di un teatro, questo grazie allo stile liberty utilizzato. Le pareti sono impreziosite da lastre di marmo, la luce è garantita da bei lampioni in ferro battuto. Pure i quadri di controllo sembrano opere d’arte.
Questo effetto fu voluto dai progettisti, per far capire già ai primi visitatori l’importanza dell’opera che si trovavano davanti. Stupendo!
La guida ci spiega anche di quanto siano affidibili le macchine, sulle quali partecipò in prima persona a fare una manutenzione a metà degli anni ottanta. Da allora non sono state più ritoccate, a parte la piccola manutenzione fatta dall’esterno. Anni fa ne smontarono solo una giusto per far vedere ai nuovi assunti nel Consorzio di Bonifica come fossero fatte e per ricavare dall’esperienza fatta un manuale di manutenzione che rimanesse ai posteri. Spettacolo della tecnica!

La stupenda sala pompe



La visita continua nella palazzina elettrica, in disuso ma dal colpo d’occhio emozionante, dove all’epoca gli antichi interruttori davano spettacolo schioccando scintille e sfiaccolamenti vari. Al momento della costruzione l'energia era garantita dalla rete nazionale, ma per garantire una perfetta autonomia dell'impianto anche nei momenti critici sono presenti una sala caldaie per la produzione del vapore e un generatore di corrente, il cui funzionamento è garantito appunto da una turbina a vapore.

Sala del grande click: gli enormi interruttori

Generatore e turbina a vapore

La sala caldaie


Il periodo di costruzione dell’impianto coincide con la prima guerra mondiale, e molti dei lavori effettuati sono stati resi possibili grazie ai prigionieri austriaci, che tutto sommato venivano ben custoditi proprio per averli efficenti e su di morale durante i lavori di costruzione.
L’idea di come si presentavano quelle zone durante le canalizzazioni la rende un video dell’epoca. La zona di lavoro assomiglia più ad un formicaio tanti sono gli operai impegnati. La terra, interamente scavata a mano, viene passata di pala in pala in una specie di nastro trasportatore umano. Un lavoro immane e faticoso, fatto solo durante le stagioni più miti e calde. I dintorni ripresi dalle telecamere inquadrano il niente. Non si vede un albero all’orizzonte, tanto che gli operai fanno a gara a conquistare un ponte per potersi riparare dal sole durante la sosta pranzo.
Roba d’altri tempi certo, ma che sarebbe bene che in molti al giorno d’oggi guardassero.

Foto d'epoca dei prigionieri austriaci

La visita volge al termine. Ringraziamo la preparatissima e coinvolgente guida per la passione dimostrata e per la mole di informazioni dateci. Chissà quante ancora ce ne avrebbe potute raccontare, una specie di oracolo delle acque!

Ci saluta anche un indigeno molto sinuoso...

La giornata continua al Museo delle Valli di Argenta non molto lontano dall'idrovora, dove consumiamo il pranzo su accoglienti tavoli in legno per poi visitare il centro, dove ci godiamo le tante informazioni sulle zone umide della zona.
Di nuovo in sella, ci spostiamo all’impianto idrovoro di Valle Santa, dove ci prendiamo anche un caffè. La zona, se mai ce ne fosse bisogno, ci regala pace e relax. Da lì parte un sentiero ad anello che in nove km ci farebbe godere di un bel pezzo di laguna e ci ripromettiamo di tornare in auto, più leggeri e scarponcino muniti.



Idrovora di Valle Santa


Prendendo il caffè al piccolo bar che c’è accanto all’idrovora la mente vaga tra i piaceri del viaggiare e quel bar è uno dei tasselli che mi danno piacere nel viaggiare in pianura, dove idealmente tutto appare monotono e insignificante.
Questi punti sosta invece, almeno per me, rappresentano una specie di oasi, dove trovare spunti di vita, emozioni, foto sbiadite, discussioni accese, insomma....l'opposto della monotonia. Viaggiare in pianura fa sembrare tutto più lungo, dilatato, come se ci si trovasse all'interno di un romanzo. Beh...almeno a me fa questo effetto.
Ripartiamo per indirizzarci verso casa. Passiamo accanto a quella che fu la fornace dove vennero fatti i mattoni necessari alla costruzione delle varie palazzine della bonifica, ormai ridotta ad un rudere. Ci vorrebbe più rispetto per la storia, specialmente se così importante per quelle zone, Davvero un peccato e un'occasione sprecata...


Km dopo km raggiungiamo la valle dell’Idice con il sole che piano piano inizia a regalare una luce stupenda. Curva dopo curva guadagnamo il passo della Raticosa ed è impossibile non cercare di rapire la magia...



Nei pressi di Galliano


Un giro tranquillo, che come scritto mi ha fatto portare zavorra inutile per tutto il giorno. Il navigatore reso inutilizzabile per non aver portato anche il supporto, e la mia nuova telecamerina, che per mancanza di tempo non avevo ancora fissato al casco, ma mi ero portato dietro per fare riprese "a mano". Peccato che mi ero scordato di inserire la micro-sd. Morale: registrato niente di niente. E dire che solo per video si sarebbe vista anche la moto di Veronica...
Tutte cose che durante il giorno mi hanno fatto ribollire il sangue, per poco però.
Il pensiero di un mototurista che se ne è andato insieme alla sua compagna in un maledetto incidente hanno fatto passare tutte le agitazioni, e parte del giro me la sono fatta pensando che sarebbe piaciuto anche a loro.
Ciao Oscar&Marinella. Vi dedico le mie emozioni. Purtroppo...


martedì 5 settembre 2017

Cevennes&Vercors - 4a parte - Le tappe di rientro

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Ci siamo. Il viaggio di rientro ha inizio, e almeno per la giornata odierna sarà un gran bel rientro.


La giornata è stupenda. Salutiamo Die e, tanto per cambiare, ci infiliamo nell'ennesimo budello asfaltato, le suggestive e strette gorges des Gats, per poi salire e scendere alcuni passi in un'altalena continua. Si viaggia a bassa velocità per goderci la giornata perfetta, con il collo che stenta a restare fermo per via dei dintorni che reclamano almeno una rapida sbirciata. 

Panorami poco prima del Col Accarias


Sul Col Accarias ci arriviamo speranzosi di trovare aperta un distilleria di whisky, la Domaine des Hautes Glaces, ma non avremo fortuna. Peccato, saremmo stati curiosi di dare un'occhiata ai locali ricavati da quel che sembra un vecchio castello e degustare i loro prodotti, e perchè no, custodire gelosamente una bottiglia nel baule. 



La manopola del gas continua a restare parzializzata. Intorno a noi sembra tutto perfetto per passare una gran giornata in moto, per cui nessuna fretta o strappi bruschi, solo tanta morbidezza.
Al bello si aggiunge il bello, e ce ne rendiamo conto appena entriamo nel perimetro del Parc National des Ecrins risalendo verso il Col d'Ornon, necessario per raggiungere le Bourg d'Oisans.
Giunti a Le Périer però ci lasciamo convincere da un cartello, che indica la Cascade de Confolens.
La deviazione ci fa prendere rapidamente quota lungo una stradina stretta e non proprio ben messa, che dopo circa tre km e qualche apprensione ci fa godere della vista della cascata, anche se il getto risente della siccità che ormai va avanti da un bel po'.

In arrivo a Le Périer

Cascade de Confolens

Risalendo il Col d'Ornon

Arrivati a Bourg d'Oisans facciamo una sosta per quietare lo stomaco e sgranchire le natiche.
Anche la seconda metà di giornata ci regalerà delle gran belle sensazioni e, quasi prevedendole, ce le succhielliamo senza inutili agitazioni.
Ripartiamo e subito la salita si fa salita, di quelle epiche, almeno biciclettamente parlando. Si va verso l'Alpe d'Huez. Cartelli commemorativi sui ventuno tornanti ricordano i vincitori di questa massacrante tappa del Tour de France, un dislivello di oltre mille metri da digerire nell'arco di circa quattordici km. Robe da pazzi!

Il fondovalle di Bourg d'Oisans




Giusto il tempo di prendere una pecetta adesiva ricordo che ripartiamo continuando a salire verso i quasi duemila metri del Col de Sarenne, un tratto decisamente più bello e selvaggio di quello tanto caro ai Tour dipendenti.



Panorami dal Col de Sarenne




La strommina ci aspetta sul Col



Lasciare la sommità e rimettersi su strada non è facile. Lassù è veramente spettacolare.
Ricaliamo a valle zigzagando tra il risultato della digestione dei tanti animali al pascolo.
In fondo alla discesa prendiamo la D1091 che ci porterà a Briancon e sempre più vicino al rientro in Italia. Prima però l'artificiale Lac du Chambon ci saluta con il suo freddo colore.


Cascata lungo la D1091

Lungo la via non possiamo non sostare davanti al ghiacciaio de La Grave, un mostro siderale che ci osserva dall'alto dei suoi tremiladuecento metri prendendo tutta la scena.



Saliamo verso il Col de Lautaret. I dintorni, baciati dalla calda luce del sole del tardo pomeriggio, sono esagerati. Su questo tratto, così come ci è capitato sul Col de Rousset nel Vercors, troviamo la più alta densità di moto. Niente di che comunque. Col senno di poi sono state ferie fatte all'apparenza lontano da mete ambite dai motociclisti, mentre invece sono state goduriosissime proprio perchè fatte in sella. Boh...

Verso il Col de Lautaret

Col de Lautaret

Ricaliamo a valle verso Briancon, che sfioriamo per risalire verso il Monginevro per poi ricalare e ancora risalire verso il Sestriere.


E' tutto un saliscendi, almeno per quanto riguarda il bitume. Per quanto concerne la temperatura invece è solo uno scendi. Fa sempre più freddo e arrivando a destinazione, Pragelato, capiamo l'etimologia del nome.
Cena in camera, dotata di cucina, e passeggiata fredda in compagnia di un sigarello.
Domani piccolo giretto defaticante prima del rientro vero e proprio.

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Sarà una giornata uggiosa e piuttosto inconcludente. Quello che volevamo vedere l'abbiamo visto solo da fuori, per colpa di chiusure non previste ed orari di visita che non hanno coinciso con le nostre aspettative. Le ferie volgono alla fine e si vede anche questo...


Il meteo è cambiato, incerto, lattiginoso, afoso. Lo dobbiamo solo ringraziare per le giornate stupende appena passate, per cui via....si parte lo stesso in ricognizione.
Nei giorni precedenti avevamo scritto all'ufficio che gestisce le visite guidate al Forte di Fenestrelle, che da una vita avremmo voluto vedere. Nessuna risposta, telefono staccato. Avremo la risposta via mail solo una volta rientrati a casa. Bella soddisfazione...
Non ci resta che sfiorare le possenti fortificazioni immersi in un silenzio irreale.



Ricaliamo verso Pinerolo lungo una strada piuttosta trafficata e non molto invitante, per poi dirigersi verso i monti che separano la val Chisone dalla val di Susa, che raggiungiamo svalicando il Colle Braida. Dal colle la vista potrebbe stendersi, ma la densa foschia impedisce di guardar lontano.
Da lì a breve siamo alla seconda meta di giornata, la monumentale abbazia Sacra di San Michele, che manco a farlo apposta, troviamo lì lì per chiudere l'orario di ingresso mattutino. Avremmo dovuto aspettare un paio d'ore prima di entrare e non abbiamo avuto il coraggio.
Giornata fiacca e noi con lei! Un vero peccato. E due...



Non ci resta che calare a valle per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. 
Il tempo sembra volgere all'acqua e ci spicciamo per completare l'anello, facendo però una deviazione verso il Colle del Lys, che raggiungiamo tramite un budello di strada e che, una volta in cima, non ci regala gran panorami, che invece potremmo godere se non ci fosse questa simpatica foschia.
Di nuovo giù a capofitto verso la val di Susa, risaliamo verso il confine francese fino a Exilles, dove fa bella mostra di se il forte omonimo. Inutile dire che troviamo chiuso pure questo. E tre...
Ce lo godiamo da varie angolazioni in esterno, e fa decisamente una certa impressione.







Va beh...per voler essere positivi una nota lieta c'è. Il meteo ci ha graziato tendendo al miglioramento.
Concludiamo il giro facendo un po' di provviste per cena, in un supermercato dove troviamo un paio di gruppeti di mototuristienduristi che di certo hanno gravitato intorno al monte Chaberton, una delle mete più ambite da quelle parti da chi ama le strade di montagna non asfaltate.
Rientriamo alla base, e facciamo fagotto per il rientro.


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Se mai ce ne fosse stato bisogno, Pragelato ci saluta così...


Non male per essere il 7 settembre!
Durante il rientro mi si accende una lampadina e facendo un rapido calcolo si....ce la possiamo fare.
Ore 14 siamo a pranzo all'Antica Osteria di Montecarelli, un posto a due passi da casa da troppo tempo rimandato. Un pranzo sublime come conclusione perfetta per un tour che ci ha regalato tanto, riempiendoci gli occhi come non avremmo creduto e che straconsigliamo a chi ha voglia di perdersi in mille stradine fantastiche alla scoperta di tante piccole perle.
E per quello che non siamo riusciti a visitare...beh...basta ripensare alla caparbietà del postino Cheval.
Ci torneremo!