Si parte sempre dal Mugello, più precisamente da Scarperia (Fi), in cerca di qualcosa. Cosa c'è di meglio di randagiare vicino o lontano da casa, per vedere posti, incrociare odori, sapori, umori, per sentire quella sensazione di scoperta ad ogni passo che fai? Per me nient'altro!
La curiosità è la miglior benzina al mondo, per cui....ecco il perchè di questo blog, un posto dove racchiudere tutti i miei passi, in moto ma non solo. Se vi va di dare una sbirciata siete i benvenuti, altrimenti....ci vediamo a zonzo da qualche parte ;-)

Dove andare a curiosare

venerdì 17 luglio 2015

Bretagna & Normandia - 4° puntata - La nostra Normandia

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Di nuovo in sella, stavolta per affrontare il tratto più riflessivo del viaggio. Destinazione Normandia, con tutto il peso della storia che questi luoghi si portano dientro da settanta anni. Purtroppo di giorni ne restano ormai pochi, solo tre, ma ne faremo tesoro. Raggiungiamo svelti la prima tappa del tour di trasferimento, Ste-Mère-Eglise, prima città liberata dall'occupazione tedesca nei primi giorni del giugno '44, grazie ad un immenso impiego di paracadutisti. Un manichino appeso al campanile della chiesa ricorda la singolare sorte di uno di questi, l'americano John Steele, rimasto appeso lassù durante una delle prime incursioni del tanto famoso D-Day.
Tutto sommato è stato ben più fortunato di molti dei suoi compagni, arrivati già morti al suolo, trafitti dai colpi tedeschi che si fecero intensi subito dopo le prime incursioni.

La chiesa di Ste-Mère-Eglise

Nei pressi della chiesa visitiamo l'Airborne Museum, uno degli innumerevoli siti che testimoniano i cruenti accadimenti.
Il museo è piuttosto ampio e fornito di ogni genere di oggetto in dotazione alle forze areotrasportate. Fanno bella mostra di se i due mezzi che hanno reso possibile l'incursione dei paracadutisti, momento cruciale dello sbarco, il bimotore C-47, utile per il trasporto di truppe, mezzi e attrezzature e fondamentale per il traino del CG-4, un aliante utilizzato (anche) per il trasporto dei paracadutisti. Vederne dal vivo la "consistenza" di quest'ultimo e pensare in quali situazioni è stato costretto a volare fa venire i brividi...

L'ingresso dell'Airborne Museum. Sullo sfondo la chiesa di S.M.Eglise

Aliante CG-4
 
C-47 e altro

In un particolare capannone, è riprodotto l'interno di un C-47 che si può percorrere fino al portellone laterale, in mezzo a rumori di esplosioni e lampi di ogni genere. Una volta al portellone si ha l'impressione di avere il mondo sotto, indiavolato e dannatamente ostile. Il tentativo è quello di far rivivere l'impatto che i paracadutisti hanno dovuto sopportare durante l'imponente attacco aereo. Anche se lo può sembrare, non è un gioco. Si resta senza parole.
Nel museo, come del resto in tutti gli altri che visiteremo di lì a breve, ci sono alcune sale di proiezione, dove girano ininterrottamente cortometraggi d'epoca e con testimonianze dei diretti protagonisti, utili per capire, anche se solo lontanamente, cosa possono essere stati quei momenti. Dopo averli visti non si ha minimamente la voglia di fare la più minima battuta. Un doloroso pugno in faccia che lascia il segno.
Lasciamo Ste-Mère-Eglise per dirigerci verso est, verso un altro memoriale da visitare, Point du Hoc, dove i Rangers americani attaccarono i 30 metri di falesia in mezzo ad un vero inferno. Il luogo risulta molto segnato dai continui bombardamenti alleati e sia il terreno che alcune casematte tedesche presentano i segni dei violenti scontri.

Point du Hoc

Anche qui un video e anche qui si resta segnati. Assurdo!
Di nuovo in sella, stavolta per raggiungere l'ennesimo posto tappa di queste ferie, Arromanches, un luogo importantissimo per le sorti della liberazione dell'Europa soffocata dal giogo nazista.
E' su queste coste infatti che fu creato un enorme porto galleggiante, un necessario punto di contatto con la terra ferma che consentisse lo sbarco di tonnellate di materiale di ogni tipo, basilare per rifornire le truppe a terra.
Stavolta i segni (enormi) si trovano in acqua, blocchi di cemento armato che uniti gli uni agli altri creavano un immensa banchina.

Arromanches les Bains


Prendiamo possesso della stanza, e rapidamente ci sistemiamo. Il tempo è poco e ci vogliamo concedere due passi sul lungomare. La serata è bella, ma fa pure un freddo becco. 


Il tramonto ad ora tarda lascia il segno, stavolta positivo!

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Siamo in Normandia, è vero, ma non solo. Il dipartimento francese dove stiamo soggiornando prende anche il nome di Calvados, per cui ci pare doveroso andare in cerca d'assaggi del famoso distillato di sidro di mele.
Prima di gettarsi nei fumi dell'alcool però decidiamo di sfruttare la stupenda giornata per godere nuovamente della natura e più precisamente di un tratto di costa frastagliato da bianche falesie a picco sul mare: Etretat.
Un vero spettacolo per gli occhi!!!
Etretat


Oltre che sulla scogliera, ci abbandoniamo ad un piccolo trekking urbano per le vie di Etretat, con annessa rinvigorente bevuta di birra.
Da quella parti bisogna stare attenti ai vari indigeni assaltatori...
Ma anche agli effetti del gelato...
Sbirciata di rito anche al vecchio mercato coperto di primi del '900, interamente realizzato in legno.
Lasciamo la costa per tornare verso l'interno, per visitare la distilleria Pierre Huet e per assaggiare il fantomatico Calvados.
Purtroppo non possiamo godere della visita guidata, per cui ci dobbiamo accontentare di una rapida visita autogestita all'unica sala disponibile e di affogare cotanto dispiacere nei vari assaggi alcoolici delle varie annate. Una brutta storia...


Dopo aver fatto un po' di acquisti rientriamo alla base.

Panorama sulla baia di Arromanches

Fa un certo non so che camminare sulla spiaggia "temporanea". Qui infatti l'effetto della marea di manifesta rapidamente e gozzovillare sul lungomare in attesa che le acque abbiano riconquistato la riva è....strano!
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Ultimo giorno di ferie, decidiamo di visitare Arromanches, e più che altro i suoi musei, uno dedicato al porto artificiale (piccolo ma interessantissimo), l'altro una vera e propria esperienza audio visiva, il cinema a 360°.
Moto a riposo ci sentiamo leggeri come piume vestiti in "borghese".


Il museo del porto artificiale come detto è molto interessante.
Peccato solo che a metà visita è arrivata una folta comitiva caciarona che, complice la ridotta dimensione del museo, ci ha fatto passare un po' la voglia.
In ogni modo ce l'abbiamo fatta a sostare davanti a dei plastici meccanizzati e animati che meglio di tante parole riproducono in piccola scala la disposizione e il funzionamento del porto artificiale.
La parte più tosta ce la "godiamo" al cinema 360, un condensato di filmati d'epoca proiettati su 9 schermi disposti circolarmente, che fanno rivivere in circa 20 minuti i 100 giorni della battaglia di Normandia. Si entra da un lato della sala, si esce dall'altro. Si entra a gruppi, in un mix internazionale di linguaggi, utilizzati per parlare del più e del meno. Si esce nel più totale silenzio. Questo è in assoluto il miglior modo di far arrivare un messaggio, e il risultato, sotto gli occhi di tutti, è quel pesante silenzio.
Restiamo scossi per un po' e decidiamo di porre fine alla visita di altri memoriali. Nei pressi del cinema è posizionato uno dei tratti che formavamo il ponte di collegamento tra il porto e la terraferma.


Basta visite, ci diamo al trekking, camminando verso la falesia a ovest di Arromanches. Andiamo a caso, seguendo un po' un sentiero un po' una strada sterrata. Abbiamo solo voglia di....non pensare, godendoci la bella giornata soleggiata.


Uno stupendo murales

Siamo arrivati alla fine di queste ferie stupende, che ci hanno riservato bellissime sorprese e altrettanto goduriose sensazioni, momenti intensi di riflessione. Magari sono state un po' freddine, mentre per assurdo la Francia era messa alle strette da incendi e scarsità d'acqua, rallentata anche da scioperi e blocchi stradali improvvisi messi in piedi da parte degli agricoltori in rivolta verso le scelte del governo e verso un mercato troppo aperto.
E' anche grazie a tutte queste difficoltà che decidiamo di calare verso il Belpaese lasciando perdere le autostrade francesi. Ci sorbiremo tutto ciò che assomiglia alle nostre superstrade e alle nostre statali, e quasi senza rendersene conto arriveremo in due tappe in Val d'Aosta!
Col de Aravis
Lac de Roselend
Su per il Piccolo S.Bernardo


Il bello è finito e via autostrada facciamo alla svelta a rientrare a casa.
Che dire? Un viaggio che rifarei all'istante, oltre 5500 km. che consiglierei a tutti, motociclisti e non, a chi ha voglia di romanzi, di posti straordinari, di perdersi nell'atmosfera atlantica, di quella storia che dovrebbero insegnare di più sui banchi di scuola. Amen!

Bretagna & Normandia - 3° puntata - La nostra Bretagna (Cotes d'Armor - Ille et Vilaine - Manche)

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La tappa di trasferimento verso Dinan non ci farà fare scoperte eclatanti, semmai tanta strada immersi in dolci e verdi declivi, svalicando passi per incrementare il passometro.
In prossimità del Col de Roc'h C'hlas Vihan facciamo una rapida sosta alla cappella di Saint-Jean du Pénity, piccola ma infinitivamente graziosa se vista dall'esterno. Di scoprire l'interno non c'è verso: è chiusa. Peccato!
 

La giornata è soleggiata, piacevolmente calda, con un cielo azzuro spennellato qua e là di nuvole innocue, mix che crea un bel contrasto.
Svalichiamo il Col de La Clarté e il Col de Lanfains, prima di concederci la sosta pranzo a Quintin, sosta che si rileverà più lunga del previsto, con nostro sommo gaudio.
La cittadina medievale ha un piccolo centro storico, molto grazioso, con monumenti storici di rilievo, un tocco di carattere garantito anche dalla fiorente industria di tessuti, in particolare quello di lino, che oltre trecento anni fa veniva commerciato fino alle Americhe.

Quintin
 Notre Dame de Dèlivrance
  
Particolare delle caratteristiche costruzioni

Lo stagno di Quintin e il castello

Mentre girelliamo per il centro vengo avvicinato da una tizia che mi guarda un po' e mi farnetica qualcosa. In quel mentre arriva Veronica, che mi aiuta nella traduzione. In pratica la signora pensava che fossi un musicista e ci spiega che a breve sarebbero iniziate le prove di un concerto previsto la sera stessa. 
La signora sarà stata anch'essa un'artista. Mica per altro, ma....tutto bardato da moto....quale cacchio di associazione di idee avrà fatto per arrivare a pensare che fossi un musicista?!?! Booohh!
In ogni modo quel fortunoso fraintendimento ci farà passare un bel pezzo di pomeriggio, intenti a goderci le prove nello scenografico interno della basilica.
Al momento della ripartenza siamo piuttosto dispiaciuti nel mancare l'appuntamento di quella sera. Secondo "peccato" della giornata.
Ripartiamo, sempre dondolandoci su morbidi tratti. Tocchiamo il Col de Marhalla e arriviamo al punto più alto odierno, Col du Monte Bel Air, dove fa bella mostra di se la chiesa (purtroppo chiusa) di Notre Dame du Mont Carmel.


Arriviamo a destinazione. Dinan, in tutto il suo splendore, sarà il nostro punto tappa per i prossimi giorni e, visto il meteo del giorno dopo, decidiamo all'instante di rompere subito il ghiaccio con visite e trekking urbano.

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Svegli e subito ci bardiamo con la parte superiore della tuta antiacqua. Il meteo ci ha preso e il prezioso liquido vien giù che è un piacere.
Dinan ha un centro storico davvero pittoresco, molto medievale, grazie alle stradelle acciotolate e alle case a graticcio, contorte a tal punto che sembra quasi che alcune di loro vengano giù da un momento all'altro.

Ci decidiamo a salire fino alla cima della Torre dell'Orologio. La visita, almeno alla vetta, sarà rapida. Al resto della struttura invece ci dilungheremo, un modo come un altro per prendere tempo contro le intemperie!

Dopo la torre cerchiamo altri posti al riparo. Questa volta tocca al Castello della Duchessa Anna, formato in realtà da un enorme torrione a forma ellittica, punto strategico che chiude il ricamo perimetrale delle mura difensive cittadine.
 

Se non fosse per il clima, la vista dal culmine della torre sarebbe molto bello.
Oggi invece ci accontentiamo di restare con le mutande asciutte!

Dopo il castello tagliamo la città per dirigerci verso un altro punto pittoresco, la Rue du Jerzual, un'acciottolata discesa verso il porto della città. Si perchè Dinan è adagiata su un altopiano ai cui piedi passa il fiume Rance, fiume navigabile fino al mare, in prossimità di Saint Malo.
Prima di iniziare la discesa, facciamo un breve passaggio alla basilica di San Salvatore, dove strani giochi di luce ci fanno capire che il meteo sta prendendo una piega inaspettata.


Usciamo dalla chiesa e.....sole&azzurro!
Ci godiamo i primi passi senza la tuta e, di lì a breve, restanto pure in maglietta. Nel giro di pochi minuti infatti abbiamo assisitito ad un vero e proprio cambio di stagione. Questa volta, che sia benedetto il clima atlantico!

Il porto di Dinan 
 La porta di accesso a Dinan di Rue du Jerzual

La giornata è diventata davvero piacevole, e la completiamo bighellonando volentieri tra vicoli e negozietti, come ad esempio La Belle Iloise, eccellenza in tema di squisitezze marinare in scatola!


Per oggi basta. Da domani...si torna sulla costa.

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Di nuovo svegli e di nuovo un meteo imprecisato, indeciso.
Noi ormai ci siamo calati nella parte e dopo la solita abominevole colazione facciamo il pieno anche dei "che ce frega" che fanno tanto bene allo spirito. Vuoi piovere? Piovi!
Non faremo molta strada, dirigendoci a nord verso Cap Frehel, per una visita mista tra storia e natura, un mix che sulle coste bretoni regala sempre suggestioni epiche.
Viaggiare a ridosso della costa fa spesso "inciampare" negli effetti surreali delle maree, come ad esempio ci capita nel fiordo canale formato dal fiume Arguenon.


In breve arriviamo alla prima destinazione, Fort La Latte, fortezza del XIV sec. splendidamente appoggiata sulla scogliera del canale della Manica.
Pioviggina, non pioviggina, pioviggina, non pioviggina.
Decidiamo di lasciarci addosso la tuta antiacqua, convinti di prendere un bello scroscio di lì a poco. Previsione azzeccatissima. Infatti...non lo prendiamo!
Visitiamo il sito con fare astronauta, ma al di là di questo piccolo dettaglio....che spettacolo!!


Cap Frehel con il suo faro visto da Fort La Latte

Girelliamo per il maniero, più che altro nei suggestivi ambienti esterni. L'affaccio sul mare toglie il fiato. Sembra quasi di esserne risucchiati...


Ripartiamo, per raggiungere in breve Cap Frehel. Il meteo, tanto per cambiare, non ci aiuta un gran che, ma ugualmente ci rendiamo conto di essere giunti in un posto speciale. Qua non c'è niente, eccezion fatta per due fari; il più vecchio, in granito, eretto nel 1650, il più giovane tre secoli dopo.
Siamo immersi nella brughiera, su scogliere a picco sul mare, battute da venti impetuosi e piuttosto freddi. Un punto selvaggio, riserva prediletta di tante specie volatili.
Un luogo epico!


Pescatore da falesia

Il freddo, grazie al vento, da "normale" diventa di tipo "birbone", e ci rintaniamo dentro al nuovo faro per scaldarci un po' e toglierci di dosso la classica sensazione di rimbambimento ventoso!
Di nuovo in sella in direzione di quella che avevamo letto essere la cittadina definita la "regina della cappasanta", Erquy. Urca, come potevamo non farci un salto?

Cap Frehel visto nei pressi di Sables d'Or les Pins
 
Prima di giungere nella patria del mollusco però abbiamo ancora voglia di natura, di angoli selvaggi, di posti che ti prendono a schiaffi tanta è la loro bellezza. Cap d'Erquy fa al caso nostro. Il vento non si placa, ma almeno siamo baciati (senza esagerare) dal sole, e protetti dalla bassa vegetazione durante un piccolo trekking fatto per arrivare alla punta.


Eccoci a Erquy, dove arriviamo, parcheggiamo, giriamo, e giriamo, e giriamo. Non c'è niente che ci faccia capire di essere arrivati nell'ombelico del mondo del mollusco, a parte un paio di ristorantini anonimi trovati solo dopo aver surriscaldato i piedi. Ci godiamo qualche scorcio della baia, e anche grazie ad un vento insistente e pure rinforzato, decidiamo di rientrare, cercando (con sommo gaudio) le cappesante a Dinan.


Mangeremo cappesante allo spiedo da "dieci" , concedendoci un giretto digestivo tra i vicoli di Dinan, tra i quali uno ci pare mooooolto evocativo...


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L'ultimo giorno bretone lo dedichiamo a Mont St. Michel, o per meglio dire, lo vorremmo dedicare.
Si perchè una volta arrivati in zona ci prende un po' lo sconforto. Nei giorni precedenti ci siamo sentiti avvolgere da un distensivo senso di libertà e l'impatto iper turistico del sito ci toglie tutte le buone intenzioni. L'unico modo di visitare la cittadella è quello di usufruire del parcheggio a pagamento. In ogni cm quadrato che non sia il parcheggio ufficiale è vietatissimo sostare.
E' assurdo di come si trovino pattuglie della polizia locale anche nelle stradelle che più stradelle non si può, che impediscono il passaggio e relativo parcheggio, un invito appena appena marcato a parcheggiare negli immensi spazi a "obolo". Riusciamo comunque nell'intento di sostare per un po' in uno stradello non pattugliato, concedendoci due passi con la cittadella sullo sfondo. Ci siamo accontentati e, a dirla tutta, l'atmosfera non è stata niente male, temperatura a parte, che raggiunge il picco di 16° gradi a mezzodì!


Ripartiamo, direzione St. Malo, dove fare una visita "tecnologica".

Casa tipica on the road

Mont St. Michel...in sospensione

Nei pressi di Cancale: un bel modo di sfruttare la bassa marea

Giungiamo alla nuova meta, la Centrale Mareomotrice di St. Malo, dove ci infiliamo appena in tempo per evitare la pioggia...


La centrale, costruita negli anni '60, produce energia elettrica sfruttando le continue maree presenti alla foce del fiume Rance, capaci di variare il livello delle acque ben oltre i 10 metri. L'acqua, incanalata in appositi canali sommersi, va a dare movimento a 24 turbine reversibili (che funzionano nei due sensi del flusso di marea) collegate ad altrettanti generatori, sviluppando così 240 MW. La bancata dei macchinari, posta al di sotto del livello delle acque, compone la fondamenta della struttura che di fatto forma un ponte transitabile che collega St. Malo a Dinard.
All'interno si trova uno spazio espositivo dove, oltre ad un modello 1:1 di una sezione di turbina, ci si può fare un'idea su questo tipo di applicazione tecnologica e sull'andamento del cantiere, già di per se un successo di ingegneria.



L'interno del ponte e allo stesso tempo centrale

All'esterno, oltre che a infradiciarci come bischeri, ci congeliamo solo per vedere dal vivo le operazioni che ogni natante è costretto a fare per saltare lo sbarramento della centrale, infilandosi in una specie di corridoio protetto da apposite chiuse (in rosso nella foto di seguito). Il bello è che nel canale ci fanno infilare più imbarcazioni possibili, senza tener conto del tipo o delle dimensioni. Insomma...un po' del tipo "tutti dentroooo".
Molte operazioni ci sembrano fatte un po' troppo a occhio, anzi...a voce. Dalla torretta posta sopra il canale infatti, il personale addetto comunica ai vari natanti come posizionarsi all'interno del canale, che poi dovranno assicurarsi ad appositi sostegni presenti alle pareti tramite corde. Il risultato sembra apparentemente un gran casino, con molti "marinai" che restano pericolosamente in bilico sui natanti per gestire al meglio la barca rispetto al relativo punto di ancoraggio, non capendo alla prima cosa gli viene vociato dall'alto. Di certo non ci sarà modo di fare diversamente. A me....sarebbe già passata la voglia di fare il nautico!!



Dopo aver ammirato cotanta organizzazione, ci prendiamo un meritato caffè scalda budella. Oltre alle budella ci scalda pure l'animo, ma non in senso romantico, semmai nel senso di giramento di cogl...: 8 euro per 2 caffè!!!
Riprendiamo la moto, ha smesso di piovere, anche se il meteo è sempre grigio e uggioso. Facciamo una rapida puntatina a Dinard per poi rientrare velocemente alla base. Domani si riparte e c'è da fare "cartella".


Ciao Bretagna, arrivederci, e finchè non ci rivedremo...non ti scorderemo mai!
Normandia....aspettaciiii.

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