Si parte sempre dal Mugello, più precisamente da Scarperia (Fi), in cerca di qualcosa. Cosa c'è di meglio di randagiare vicino o lontano da casa, per vedere posti, incrociare odori, sapori, umori, per sentire quella sensazione di scoperta ad ogni passo che fai? Per me nient'altro!
La curiosità è la miglior benzina al mondo, per cui....ecco il perchè di questo blog, un posto dove racchiudere tutti i miei passi, in moto ma non solo. Se vi va di dare una sbirciata siete i benvenuti, altrimenti....ci vediamo a zonzo da qualche parte ;-)

Dove andare a curiosare

lunedì 10 luglio 2006

Dal Verdon al Friuli - 2a puntata - Risalita verso la Val d'Aosta lungo le Alpi e Cols francesi

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Dal Verdon al Friuli - 1a puntata - Da Scarperia al Verdon
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3° giorno - Da Castellane a Briançon  (Col de Vars - Col d' Izoard)
Sveglia, la solita colazione abominevole ma stavolta in compagnia del biker francese che con difficoltà si complimenta con noi per la vittoria. “Hanno fatto tutto loro” gli rispondiamo e in pratica è davvero quello che pensiamo dell’evento, senza essere molto trascinati dall’euforia mondiale, anche se queste son sempre soddisfazioni, sullo stile delle vecchie barzellette dove l’italiano vinceva sempre. In compenso l’olandesone è un fiume in piena, si attacca ad una campana che ha appeso fuori della porta e fa un baccano dell’80. Gli facciamo presente che forse la gente dorme, ma lui replica che a quell’ora è bene che si sveglino. Pare che il mondiale l’abbia vinto l’Olanda e lui va a spasso con una maglietta arancione col suo nome scritto dietro.
Mi sento euforico sì, ma per le ferie. Finalmente mi sento davvero bene e l’idea che da quel momento avremmo iniziato le salite ai vari Cols aumenta il mio senso di benessere !!
Salutiamo i gestori del Mas du Verdon. Penso proprio che ci rivedranno presto (a me mi rivedranno e con Baffetto parleranno pure…).
Con la moto di nuovo carica riprendiamo la Route Napoleon in direzione Digne les Bains. La strada si snoda tra una natura morbida e verdeggiante, interrotta a tratti da improvvisi tratti rocciosi e aspri.

Verso Digne les Bains

Passiamo il Col du Labouret, in pratica una curva nel bosco e ci fermiamo poco dopo per una sorsata d’acqua. Si sta bene all’ombra della vegetazione. Nelle narici un buonissimo odore di legno.
In breve arriviamo al Lac de Serre-Ponçon, una lago dal colore bellissimo e dalle sponde variegate di campi coltivati che rendono il panorama una tavoletta da pittore.



Scendiamo al lago per poi risalire un po’ in quota fino a un paesino dal quale ci godiamo la vista da un belvedere.
Torniamo sui nostri passi riprendendo la D900 per Barcellonette che superiamo puntando il bivio che troviamo poco dopo il Fort de Tournoux e che ci porterà al Col de Vars.
Arrivando ai piedi del forte ne restiamo colpiti per come è stata costruita la strada d’accesso al forte, una via completamente nascosta nella roccia con aperture sulla valle. Pazzesco!
Poco dopo il forte prendiamo a sx per salire verso il Vars e finalmente la natura diventa tipicamente montana, con ampi pascoli e annesso bestiame. Il tempo sembra rallentare e noi ci adeguiamo.
La strada non è lunga ma ci impieghiamo lo stesso un po’ per arrivare ai 2109 mt. del passo.
Il tempo è stupendo e il sole ustiona.

Salendo verso il Col de Vars

Sul Vars


Ci godiamo un gelato al riparo di un ombrellone, scattiamo un po’ di foto e ripartiamo alla volta dell’Izoard. La salita al colle è bellissima ed è ancor più bella quando si mostra ai nostri occhi la Casse Déserte, in pratica un ghiaione enorme che rende l’ambiente quasi lunare. Restiamo un po’ ad ammirare lo spettacolo, facendo il paragone tra la maestosità del declivio e le minuscole moto che passano ai suoi piedi. Assolutamente eccezionale!



Arriviamo in vetta e sulla nostra destra svetta l’obelisco che ti fa capire che la meta è di quelle importanti.
Lasciamo la moto e cerchiamo un punto ancor più panoramico salendo un po’ più su.
La vista tutto intorno è stupenda e scatto molte foto con la funzione panoramica, illudendomi di portare con me tutta l’emozione che provo in quel momento. Servirà come stimolatore di buoni propositi nelle buie giornate invernali.





Ripartiamo e a bassa velocità scendiamo verso Briançon (che di certo avrebbe meritato una visita), dove nei pressi c’è il B&B La Riolette che ci aspetta.
L’accoglienza generale è super. Moto in garage, camera confortevolissima, cena con ospitanti e ospitati tutti allo stesso tavolo, che ci piega le gambe a base di stuzzichini con aperitivo, paté di cinghiale con verdure, quaglie al forno con patate al forno ripassate con la pancetta, una specie di tiramisù per dolce, ammazzacaffè a base di giretto per il paese nel disperato quanto vano tentativo di digerire...

4° giorno - Da Briançon a Termignon (Col de Lautaret - Col du Galibier - Col de la Croix de Fer)
Di nuovo mattina e di nuovo colazione, tipica montana con…di tutto di più! Burp all’ennesima potenza.
Rimontiamo la soma in groppa alla Lina e via. Direzione Col du Lautaret.

In partenza!

Via via che ci avviciniamo al passo l’ambiente diventa sempre più maestoso, con le montagne che ospitano sui loro fianchi ancora la neve. Arrivati al passo prendiamo a destra per il Galibier. La strada è bella per quanto tremendamente panoramica e priva di qualsiasi parapetto. Anche un “parastinco” sarebbe andato bene lo stesso, ma in Francia no. Sembra quasi un sacrilegio. E allora su, sperando in bene, cercando di non imitare fisicamente il volo dei rapaci del Verdon. La strada è di quelle da polmoni buoni e ne troviamo parecchi sui pedali a pompare verso la vetta, cosa che da queste parti è sentita particolarmente, con tanto di divieto di transito proprio per consentire gare di ciclismo in alcuni giorni dell’anno.
In un certo senso li invidio, anche se di gran lunga preferisco il trekking.
Dopo aver tribolato per parcheggiare la moto (il passo è poco più di una curva stretta) e le consuete foto di rito torniamo sui nostri passi. Non prima di aver ammirato l’arrivo di una centaura tedesca alla guida di una ”piccola” Bandit 1200. E non è la sola centaura “utilitaria” dotata che abbiamo visto in quei giorni.




La discesa dal Galibier entusiasma Veronica, talmente attratta dal conturbante panorama trampolino-stradale che se la fa tutta a occhi chiusi fino a poco sotto, dove si trova il rifugio del Galibier e dove mi fermo per sosta gadget.
Tempo stupendo, temperatura perfetta, stiamo divinamente.
Scatto una foto al semaforo che c’è davanti al gadgettaio. L’incrocio nasce per le strade che portano nel medesimo posto, Valloire, ma in modo diverso, tramite un tratto di galleria necessario per saltare il Col du Galibier oppure tramite il passo stesso. Siamo a 2556 mt. ed è forse uno dei semafori più alti, almeno in Europa. Non è certo una nota di rilievo del nostro viaggio, ma…almeno curiosa.
Ancora in moto, ripassiamo dal C. du Lautaret (troppo frequentato per i miei gusti) e puntiamo Le Bourg d’Oians percorrendo la N91.

Alle mie spalle il Massif des Ecrins

Ci fermiamo spesso perché sembra di essere nel regno dell’acqua. La neve ancora arroccata sulle alture fa cadere fragorosamente a valle fiumi d’acqua impazziti, creando suggestive cascate di ogni dimensione. Saliamo verso il Col du Glandon (una specie di passo-bivio in stile Lautaret) ma pochi km. prima di arrivarci ci fermiamo per goderci la vista del lago formato dalla diga di Grand Maison, insieme a un gruppetto di tedeschi simpaticamente caciaroni che hanno la stessa aria divertita e fanno sicuramente gli stessi discorsi di un gruppetto di ragazzini usciti da scuola.


Sulla strada per il C.de la C. de Fer sorpassiamo un montone che mestamente ma inesorabilmente sale verso la vetta, nemmeno si sentisse un gregario al Tour de France.
Siamo in cima e l’assenza di nuvole mette a repentaglio l’epidermide. Solito gelato sotto al solito ombrellone, stavolta in compagnia di un ragno dalle zampe secche.

Panorami dal Col del la Croix de Fer



La giornata è davvero eccezionale e scattiamo alcune foto ai dintorni del passo, vallate ricoperte di velluto verde sovrastate da cime rocciose, per poi tornare svogliatamente alla moto e iniziare la discesa verso il fondo valle, dove tramite la N6 avremmo raggiunto Termignon, il nostro prossimo posto tappa.
E’ dura lasciare un posto dove ti trovi benissimo, non tanto per le meraviglie del luogo o per qualcosa in particolare, solo e soltanto per la non voglia di ripartire, che ti fa capire quanto benessere stai “respirando” e che non ti fa trovare il coraggio di interrompere la benefica respirazione.


Di nuovo su strada. Poco prima di Termignon fa bello sfoggio di sé una costruzione fortificata, sviluppata lungo i terrazzamenti di una dorsale rocciosa. Peccato non aver avuto il tempo di visitarla e di apprendere un po’ della sua storia. Magari avere il tempo per far tutto...

Fort Victor Emmanuel

Arriviamo a Termignon e anche in questo caso rimarremo felicemente colpiti dalla sistemazione fissata per caso su internet, cosa che ci fa capire quanto siano ben disposti i francesi verso questo tipo di turismo “di passaggio”. In realtà arriviamo nel posto giusto (senza navigatore, ma con occhi e cartina), ma entriamo nella casa sbagliata. Mentre Veronica si avventura, leggo un nome sul campanello… Rosaz. Oh, ma non era questo? Già. Ops! Suoniamo e ci apre una signora simpatica, bionda, magra con occhiali con un bel sorriso aperto. Rimaniamo sempre un po’ perplessi dall’accoglienza che ci riservano i francesi, non siamo abituati, in Italia ci guardano sempre strano, siamo un po’ i deliquenti di turno, qui siamo graditissimi ospiti, anzi, godiamo anche di qualche privilegio. La signora ci offre il garage, siccome ha della roba dentro, la sposta per noi, chiede se basta, fra un po’ ci lucida i fari. Nel mentre incrociamo una micia, della signora, con uno strano collare. La signora Martine ci spiega che il gatto ha la chiusura centralizzata. Comeeee? Ovvero, invece della solita gattaiola che conosciamo, la botola del gatto si apre solo se abbinata al collare del gatto, se arriva un altro gatto con un altro collare o senza collare, non si apre. Pazzesco, gatto elettrificato. Tutto perché praticamente tutti i gatti della zona andavano a rubare le crocchette nel garage. Mica per altro, la spesa in crocchette stava diventando onerosa.
Andiamo in camera, favolosa, tutta nuova, bagno nuovo e tende e letti tutti coordinati. Che dire, ci sembra quasi che 47 euro in due compresa la colazione siano un po’ pochi. In questo caso la cena l’abbiamo consumata (molto consumata) in un ristorantino del paese, carinissimo e davvero caratteristico, Le Sabot de Venus, che stra-consigliamo con tutte le nostre forze.
Per cena Raclette, ovviamente a base di formaggio di mucca, usato esclusivamente per questo tipo di pasto.
In tavola, oltre al formaggio ci sono affettati misti e patate cotte al vapore, insalata con vinaigrette, pane e sottaceti, il tutto annaffiato da una buona birra.
Ma che ha di tanto particolare ‘sta Raclette? L’attrezzatura. Eh si. Un telaio dove viene posta mezza forma di cacio e sulla quale scorre una resistenza che, posta vicina al formaggio, lo scioglie con nostro immenso gaudio. Facciamo colare il formaggio sul pane, sulle patate, pure sul piatto vuoto. Siamo felici mentre puzziamo sempre più di mucca e il nostro colesterolo sale drammaticamente.

Le Sabot de Venus

Raclette a sfinimento!

Una coppia si siede al tavolo accanto e inizia a dire cose sconclusionate alla povera ragazza che aspetta l’ordine.
“Vorremmo una fonduta, ma una mezza porzione però. Ah non si può? Allora prendiamo la Raclette, ma con un quarto di forma però. Nemmeno questo? Allora ci porti due grissini e mezza sottiletta.…”
Il nostro pensiero univoco è stato “AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHH !!!!!!!!!!!!!!!

In un posto così se sei a dieta ti puoi ritenere uno sfigato della malora. Ci voleva un buttafuori, un energumeno col colesterolo a mille che per via della vena tappata avrebbe buttato fuori i due poveri salutisti.
Mah….che gente!!
Dopo cena passeggiata d’obbligo per le viuzze del paesino, per andare a letto con “meno sensi di colpa” (non c’è stato il verso..).

Effetti digestivi della Raclette

Ci aspetta una nottata pesante!

5° giorno - Da Termignon a Chatillon (Col de Iseran - Cormet de Roselend - Col de Aravis - Col de la Colombiere)
Di nuovo a colazione e di nuovo in fibrillazione !
La giornata è stupenda e la voglia di vedere un po’ di mondo accompagnati dal vento come colonna sonora è proporzionale al bagaglio che rimontiamo per l’ennesima volta sulla Lina. Ci troviamo a tavola con la signora e gli altri 2 ospiti. Siamo vestiti da moto e la coppia ci chiede che moto abbiamo. "Fazer 1000? Bella ! " Rimaniamo come allocchi. La Francia ci sembra il Paese del Bengodi. Stiamo ½ ora a sentire una coppia di 50 enni che discutono se andiamo più forte noi col 1000 o il loro figlio coll’enduro. Siamo stupefatti, addirittura la fidanzata del figlio va in moto e loro sono felici e fieri. Baffo cerca di farsi adottare. Ripartiamo a malincuore, perché il posto e le persone ci fanno sentire proprio bene. Dopo una colazione fatta in compagnia della coppia di francesi motosimpatizzanti e la padrona di casa, dove io penso solo a mangiare lasciando Veronica a intrattenere varie discussioni perché tanto….chi li capisce, partiamo verso il passo dei passi, il Col de Iseran !

La chiesetta di Termignon

La strada che ci porta verso l’Iseran non è un gran che, almeno sotto il profilo curvoso, ma sotto l’aspetto paesaggistico invece è tutta un’altra storia. L’ultimo paesino prima di iniziare la salita verso il passo è Bonneval sur Arc e si trova in fondo a una valle rigogliosamente verde e molto accogliente, un posto perfetto dove fare sport all’aria aperta. Bonneval è un paesino davvero caratteristico, dove le case hanno tetti di ardesia e dove tutto fa pensare ai rigidi inverni che ci saranno di certo da quelle parti.



Iniziamo la salita che facciamo blandamente. La strada prende quota rapidamente, regalandoci una bella vista sulla valle appena percorsa.

La valle di Bonneval

Un gruppo di biker crucchi ci supera con un’andatura che proprio non mi sogno di tenere su una strada come quella, bella si ma con parapetti…inesistenti.
Tornando all’ambiente che ci circonda anche qui l’acqua la fa da padrona, scrosciando verso valle in numerosi ruscelli più o meno spumeggianti. E’ strano come anche solo guardando il prezioso liquido ci si senta rigenerare dentro, vivi.
Tutta quest’acqua ci consiglia una sosta davanti a un blocco di neve per la classica foto ricordo, dove ci intratteniamo anche con un po’ di scatti floreali d’altura.





Ripartiamo e…siamo arrivati. Non ci siamo neppure accorti che abbiamo sostato a pochi metri dal passo...
Siamo sull’Iseran,a 2770 metri d’altezza e la mia testa un po’ “leggera” me lo ricorda. Cerchiamo un posto dove parcheggiare il mulo e godiamo della vista che, a dir la verità, mi aspettavo più maestosa.





Tira vento, fa freschetto. Facciamo due passi intorno al rifugio del passo, accanto al quale c’è una chiesa. Non so perché ma al solo guardarla la mente va all’inverno, alla neve che a questa altitudine deve venire copiosa, al vento gelido, all’ambiente che ci certo si trasformerà diventando al limite del vivibile.
Entriamo nel souvenir del rifugio, in cerca di regalini e bischerate ricordo, adesivo da baule compreso. Tra i gadget prendo anche una toppa commemorativa da cucire sul giubbotto in pelle. Torniamo alla Lina tutti baldanzosi, bischerate muniti.
Solo alla sera mi sarei accorto che la superfavolosa toppa era rimasta in vetta all’Iseran, non persa ma solo non comprata. Perché? Perché la simpatica quanto scorbutica signora del rifugio ha semplicemente “scordato” di mettere la toppa nella bustina delle cartoline!
Pace. Vorrà dire che ci toccherà tornare lassù!
Più che la vetta del passo merita la nostra attenzione la discesa verso Val d’Isere, un immenso volo a planare, panoramico e suggestivo. Anche in questo caso però Veronica non è proprio dello stesso avviso…


Appena entrati in paese facciamo una sosta “bagno” in un locale vicino al quale fa bella mostra di sé una moto sicuramente “legnosa” da guidare...


Lasciamo il posto tanto rinomato quanto “cementato” e puntiamo Bourg St-Maurice, dove poco prima dovremmo trovare il bivio che ci porterà al Piccolo S.Bernardo.
Lungo la D902 ammiriamo altre cascate, alcune piccole viste da così lontano, ma ugualmente suggestive ed energiche.
Eccoci al bivio e all’inizio della salita. Il tempo sembra cambiare, nuvoloni minacciosi iniziano a fare capolino, placandoci un po’ di verve insieme alla strada che di bello ha proprio poco.
Arrivando a La Rosiere il tempo è sempre più brutto. La strada si fa più interessante e la natura intorno a noi pure. Peccato che a poca distanza dal passo inizia a piovere di brutto e non essendo il Piccolo S.B. un passo “chiave” del nostro giro la decisione è stata fulminea: si torna indietro. La voglia di mettersi la tuta antipioggia solo per far visita al passo non è una cosa di quelle che non ci fa dormire la notte, pertanto…
Tornando a fondo valle, sempre tramite la simpaticissima e lunghissima strada, il caldo torna a farsi sentire.
Caldo a parte il tempo sembra essersi definitivamente guastato.
Salendo al Cormet de Roselend siamo costretti a fermarci. Non ho ancora finito di dire “La prima macchina che vediamo bagnata ci ferm….” Kazum!! Acqua al due!!
Ci vestiamo di corsa e ripartiamo piano piano. Peccato fare quel passo con un tempo così brutto. I dintorni, con un fascino particolare, avrebbero meritato migliore sorte. I dintorni….ma anche noi.
In vetta al valico scattiamo una foto, perfettamente “imbustati” come due sacchetti dell’immondizia…fradici.


La discesa dal passo è sullo stile della salita appena fatta, con la strada incastonata in una valle stretta e ripida, molto molto verde e molto molto bella.
Arriviamo a Beaufort e poco dopo prendiamo a dx per il Col des Saisies che facciamo con l’acqua al 4…ma anche al 6. Un diluvio bestiale che però non ci ferma, tanto ormai…o bene bene o zuppi zuppi!
Scendendo verso N.D.de Bellecombe la pioggia inizia a placarsi. Prendiamo per il Col des Aravis sempre “imbustati” a dovere. Il primo tratto di strada è completamente coperto dagli alberi e la pioggia battente l’ha trasformata in una simpatica curvosa saponetta. Guido con le chiappe strette e mi rilasso un po’ solo quando l’inizio della salita corrisponde alla fine del tratto boscoso. Procediamo pallosamente dietro un camper. La strada infatti è decisamente stretta e molto curvosa e non mi va di rischiare facendo un sorpasso a bischero con la strada bagnata e con tutta la soma a bordo.
Anche sull’Aravis scattiamo qualche foto ricordo. Il tempo non è proprio dei migliori e penso “Potrei essere a lavorare”. Miracolo. Mi sembra quasi di vedere il sole!


Di nuovo in sella. Dopo La Clusaz lasciamo la D909 per imboccare la D4 e salire il Col de la Colombiere. Non piove già da un po’ e sul valico decidiamo di toglierci (finalmente!) le tute da acqua. Immenso sollievo.
Dal colle la vista è un po’ appannata e ci tratteniamo un po’ solo per riposarci e fare qualche foto.


Ormai siamo in dirittura d’arrivo anche per questa giornata, ma le sorprese non sono finite.
La stanchezza non ci manca di certo, almeno a me, e siamo immensamente felici quando arrivando a Cluses non riusciamo a trovare la strada che porta a Chatillon sur Cluses, dove si trova il nostro prossimo B&B.
Giriamo come degli scemi, seguendo indicazioni che di colpo…spariscono!
Impreca di qui impreca di là scelgo di andare a naso. Mi fermo e guardo i monti cercando di orientarmi e per puro culo imbocchiamo la strada giusta. La salita verso il paesino è davvero s-p-e-t-t-a-c-o-l-a-r-e, carreggiata larga, asfalto perfetto e curve costanti e velocissime.
Un bell’aperitivo prima di cena, con brivido però. Si perché poco prima dell’ingresso in paese vedo con la coda dell’occhio un aggeggio…strano e siccome la velocità non è proprio da centro urbano annuso già l’inchiappettata. Con immensa felicità i gestori del B&B ci informeranno che si tratta di uno strumento che viene usato per il Tour de France. Scampata!
L’arrivo al B&B come avrete capito non è stato dei migliori. Arrivati in ritardo, cotti a puntino, se non fradici decisamente umidicci, zozzi come non mai, forse multati e in più….il cellulare che non prende. Ma vaff…..
Di contro c’è che la signora ci accoglie benissimo, forse troppo. Attacca a parlare con la Vero (con me non c’è verso) e bla bla bla bla bla. Al limite dello sclero (il nostro!!) si decide a mostrarci la stanza.
Uno spettacolo. Una stanza grande e caratteristica. A tetto, tutta rivestita in legno e con travi a vista.
Unico neo i letti separati. Quello che sembrava un problema si è poi rivelato un toccasana.

La camera "legnata"

Siamo in romba piena e di lavarci, prepararci e andarci a cercare un posto dove cenare non abbiamo proprio voglia. Optiamo per l’ultima detta. La cena. La “silenziosa” signora ci indica Taninges dove rifocillarci.
E’ la prima volta dall’inizio del viaggio che prendiamo la moto senza nessun tipo di soma, neppure il baule. Mi sembra di guidare l’ER5.
Arriviamo a destinazione, parcheggiamo e….non troviamo niente dove mangiare!!
O per meglio dire. Un posto c’è, ma non è proprio quello che avevamo in mente. Una specie di bar-ristorante dove un cantante indigeno si sgola con fare marpione. Gira e rigira…mangeremo lì. La signora che ci accoglie è un po’ troppo truccata e un po’ troppo vecchia per tutto quel trucco. Ma c’è la serata danzante, va capita..
In un francese non proprio da accademia di Francia mi dice che da mangiare c’è il menu. Cioè, quello c’è, si chiama menu ed è la sola cosa che puoi mangiare. Merci, 2 menu. Ci sediamo, un po’ scoglionati dalla presenza di casse enormi proprio alle nostre spalle, siamo stati bene fino a quel momento, non ci vogliamo rovinare la serata. Il cantante si presenta, deve essere una specie di idolo locale, perché le macchine e le persone si fermano in mezzo alla strada per vederlo e sentirlo, un coppia di passaggio si ferma addirittura ad un tavolo. Lui è un marpionazzo impomatato, camicia fuori dai pantaloni a coprire una bella buzza, jeans stiratissimi scarpa lucida, birra e sigaretta. Attacca a cantare e nonostante lo stile non sia proprio il nostro, è intonato ed è divertente. Tra l’altro, per un motivo a noi sconosciuto, pare essere eroticissimo, visto che delle signore accanto a noi cominciano ad agitare dei seni non troppo “freschi” dentro a scollature ombelicali. Tra le canzoni riconosciamo Take me home country road e siccome tutti cantano e non se ne accorgono, noi la cantiamo in inglese stonando!!
Dopodichè ecco un’altra canzone conosciuta, eppure, eppure… non ci crediamo, Robiola Osella !!!! Nooooo…. Via giù a cantare Robiola Osella a squarciagola insieme ai francesi. Ci è quasi dispiaciuto andare a dormire, chissà se facevano anche la Barilla…
Tornando al B&B scopriamo i benefici dei letti singoli. Il sonno è tantissimo ma di dormire non c’è verso.
Motivo? Un caldo bestia!!!
E per dirlo Veronica è davvero tanto, tant’è che riusciamo a dormire solo dal momento che apriamo la porta finestra che da sul balcone e un’altra finestra più piccola.
Se avessimo dormito in un letto matrimoniale son quasi certo che come coppia non esisteremmo più, a causa di una mia totale perdita di ragione, impazzito tra sali minerali, ascelle pezzate e i vari “Non mi toccareeeeee; Va' più ‘n laaaaaaa!!
E finalmente...si dorme!

6° giorno - Da Chatillon a Valtournenche (Col de la Forclaz - Gran St. Bernardo)
Ci svegliamo un po’ rinco e non poteva essere diversamente! Ci prepariamo e scendiamo per l’ultima colazione francese di queste ferie.

Interno del B&B a Chatillon sur Cluses


La signora Decaudin attacca subito bottone e quando, in un momento nel quale Veronica si è data alla macchia, mi ritrovo sotto un mitragliatore di vocaboli francesi!
In un inglese più pastalfornico che maccheronico gli faccio capire che non parlo/capisco il francese. Momento di silenzio e poi…ricomincia a mitragliare. Ma vaff……
Ora siamo in due alla macchia!
Facciamo colazione “sotto torchio”, ma a parte questo…saziamo la pancia a “bordo” di una tavola super imbandita. Un paio di burp mentre carico la Lina e poi via.
Si rientra in Italia.


Puntiamo Chamonix e la strada non è niente di speciale. L’unica cosa degna di nota è la protuberanza del ghiacciaio del M.Bianco che arriva vicino alla strada. Fa davvero impressione!


Proseguiamo sempre dritti (beh…quasi) verso Martigny, aggiungendo anche un po’ di Svizzera al nostro giro. Prima di Martigny passiamo la frontiera e arriviamo al Col de la Forclaz, passo che tanto per cambiare è formato da…una curva.
La discesa a Martigny è piuttosto bella, veloce e guidata. Anche se sminuita da una discreta foschia, la vista gode di un contrasto forte. La città è adagiata su un canalone piano quasi perfetto, in contrasto con le montagne intorno che piombano su di essa.
Il risultato è come se avessimo davanti un lago, con le pendici dei monti che si tuffano nelle acque piatte.
Si capisce che ogni singolo posto sfruttabile viene preso in considerazione. Infatti l’ultimo tratto di strada che percorriamo poco prima di arrivare in città è accompagnato ai lati da filari di vite, con piazzole di sosta ricavate nei terrapieni che durante la vendemmia devono servire per i mezzi necessari per portare i grappoli alla spremitura.

Arrivo a Martigny

I filari trovano posto dove possono...

Tocchiamo Martigny nella sua punta più a sud e subito la lasciamo in direzione Gran S.Bernardo.
La strada che porta al passo non è niente di emozionante, essendo adatta anche (ed è ovvio) ai camion.
Cambia totalmente quando arriviamo al bivio che porta al passo vero e proprio. Fare il tunnel sarebbe stato come schiacciarsele tra due mattoni!!
Saliamo verso la sommità con il tempo un po’ grigio che da una sensazione di sfida. La salita non è molto impegnativa ma l’ambiente un po’ tetro e la strada che con le pietre carraie verniciate bianco/nero sa di antico, regala uno strano sapore.

La salita al G.S.Bernardo nel versante svizzero

Ci siamo. Ormai è quasi “casa” e fa strano risentire la nostra lingua. Scattiamo un po’ di foto bighellonando tra souvenir, gadgets, cani S.Bernardo a pagamento e altre amenità.
Il Gran S.Bernardo è un passo “austero”, ubicato in mezzo a una sella stretta, panoramico (senza eccessi) solo mirando la parte italiana, un passo dove nel 1045 fu costruito ad opera di S.Bernardo da Mentone un ospizio, necessario per dare riparo e accoglienza ai viaggiatori e che sembra quasi ti controlli se visto dal “nostro paese”. Appena sotto al passo un lago sembra messo lì apposta per rendere ancor più suggestive le istantanee.



Quando si amano i cani...



Sfizzera? No! Italiana, piccola e nera


La vista verso il versante italiano

Riprendiamo la moto solo per fare i pochi metri che ci separano dalla madre patria.
Fermi di nuovo. Ufficiale. Siamo in Italia!

La vista sull'Ospizio sul versante svizzero

Mi avvicino al bordo lago, per scattare una foto al passo immortalandolo dal basso verso l’alto.
Mi prende un colpo !!!
Avvicinandomi alla sponda non ci avevo fatto caso, ma di colpo si materializzano centinaia di zanzare simili alle nostre, “solo” molto più grandi. Abbandono velocemente il punto e me ne cerco un altro più…tranquillo!
Lo dico a Veronica e di lì a poco è guerra..
Riusciamo a raggiungere un punto più panoramico dove scattiamo alcune foto alla valle “nostrana” sottostante ma quando torniamo indietro e passiamo vicino a dei cassonetti…..via a gambe levateeeeeee! Qualcuno ci guarda sorpreso, ma mentre (affannosamente) ci mettiamo in moto vediamo che anche altre persone sembrano attaccate, confezionandosi così una scena ai limiti del ridicolo ! Eh eh eh eh....
Ridicolo o no siamo contenti di essere nuovamente in moto. La discesa è un po’ disastrata a causa di lavori in corso che ci fanno tenere un’andatura sonnolenta, anche grazie ai bei dintorni e all’incrocio on the road con una donnola.



Ormai siamo in fondo valle e la calura e la strada non propriamente eccitante ci fanno compagnia fino al bivio per Valtournenche. Intanto il tempo va incupendosi.
La strada della Valtournenche è una lunga lingua d’asfalto che corre verso Cervinia.
Come era facile immaginarsi inizia a piovigginare. Triboliamo un po’ a trovare Le Petit Nid, il nostro unico B&B italiano provato durante le ferie.
I gestori ci fanno parcheggiare la moto al coperto di una terrazza e con a guardia il cagnetto dell’officina adiacente, che abbaia a più non posso per…avere una coccola!! Prendiamo possesso della stanza certi di avere la moto in buone…zampe.
Il B&B, visto da fuori non è niente di particolare, ma dentro l’atmosfera cambia eccome. La signora ci spiega la sua filosofia e il perché ha messo su il B&B del quale va decisamente fiera. E’ difficile dargli torto !!
L’anticamera, comune a 3 stanze, sembra una sala da the, ricercata e calda.

La camera è molto piccola ma accogliente. Usiamo subito la doccia per togliersi la fatica della giornata e cerchiamo un posto dove mettere qualcosa sotto i denti. Anche se siamo a piedi vestiamo il sopra delle tute antiacqua. Piove, governo ladro!!
La stretta valle sembra ancora più stretta e andiamo a mangiare (bene) sperando che l’indomani il sole ci faccia compagnia viaggiando verso il Trentino, luogo magico per eccellenza per bikers in cerca di stupore.



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