Voglia d’aria, di luce, di appennino, bello e maledetto, in subbuglio
nell’Italia centrale.
Si parte, ma come si fa a non pensarci…
Le condizioni meteo mettono bello per i giorni a venire e
l’occasione è troppo ghiotta per essere buttata alle ortiche.
Non faremo molta strada, anzi. Tra andata e ritorno faremo
poco più di 500 km.
Il bello dei we è anche questo, goderci i “dintorni” senza
dover necessariamente far baciare l’autostrada
alle nostre gomme. La meta sarà Gabicce,
che raggiungeremo tramite i mille saliscendi del Montefeltro.
Si parte al piccolo trotto, e si viaggia morbidamente grazie
al recente lavoro fatto alle sospensioni della strommina. Con calma e con
goduria ci lasciamo alle spalle il Croce
ai Mori e il passo dei Mandrioli
per calare giù verso Bagno di Romagna
che sfioriamo appena per risalire la curvilinea strada che ci porta a Montecoronaro prima e a Balze poi.
Sensazioni western prima di Balze
Poco traffico per strada, giornata stupenda. Ci godiamo i dintorni come una coppia di pennuti in volo. Chiedere di meglio sarebbe davvero troppo.
Raggiungiamo Pennabilli
e facciamo l’ennesima salita in direzione Carpegna,
con sosta sul passo Cantoniera per
far lavorare le mascelle. Sul passo si sta splendidamente, sensazione che ci fa
l’effetto di una bella pacca sulle spalle, come se il sole ci dicesse “bravi, avete fatto proprio bene a concedervi
un paio di giorni all’aria aperta”.
Il caffè al bar del passo ci fa tornare crudelmente al mondo
reale. Dalla tv scene semi-apocalittiche di quanto sta accadendo a Norcia e
dintorni. Si resta senza parole.
Ripartiamo e curva dopo curva arriviamo alla prima meta di
giornata, Monte Cerignone, uno dei
tantissimi borghi fortificati della zona.
Proseguiamo lungo la SP18, che abbandoniamo per impennare
verso un’altra e scenograficissima meta di giornata, Montefiore Conca, un blocco di pietra a guardia dell’Adriatico e delle terre malatestiane.
Lasciata la moto risaliamo le strette stradine verso
l’ingresso del maniero, non da soli però. Un grosso micione ci fa compagnia e
tra fusa e strusciamenti vari ci scorta fino all’ingresso.
Entriamo in visita. I locali interni sono spogli, anche se
sono esposti pezzi originali recuperati all’interno della rocca durante i
pesanti restauri fatti a partire dal dopoguerra.
La rocca merita senz’altro un passaggio, per la maestosità
dell’insieme e per il superbo affaccio sul litorale adriatico, anche se la
tanta foschia ci fa a mala pena capire dove finisce la terra e inizia il
bagnasciuga…
Ripartiamo, e anche se la costa è ad un tiro di schioppo ci
mettiamo un po’ a raggiungerla, sia per i tanti saliscendi da saliscendere sia
per una sosta quasi doverosa per poveri motociclisti come noi.
Tavullia
Casa Rossi
Gabicce aspettaci…stiamo arrivando, lentamente ma stiamo
arrivando.
Prima però sfioriamo Gradara
dove un gruppo di storni festeggia la vita nel tipico armonico modo…
…e facciamo un passaggio a Casteldimezzo, micro borgo appollaiato sul promontorio che unisce
Gabicce a Pesaro, e dal quale ci godiamo la luce che sta salutando la giornata.
Ormai ci siamo, siamo in dirittura d’arrivo, ma prima uno
scatto rosato da Gabicce Monte non possiamo non rapirlo.
La serata passa tra una cenetta in albergo, un sigaro sul
lungomare, una vescica ad un dito del piede. Maledetta!
Prima di andare a letto richiediamo la sveglia alla
reception, visto che non ci fidiamo dei nostri cellulari e della loro
tecnologicissima capacità di aggiornamento automatico da ora legale a solare.
A letto. Buonanotte.
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Ci ritroviamo entrambi svegli e anche senza parlarci capiamo
dalla luce che filtra dalla tapparella che siamo prossimi alla sveglia della
reception.
Tra un gutturale mugugno e l’altro ci ritroviamo a
dondolare. Io penso che sia Veronica a dondolare nel letto, così…tanto per
giocare. Lei pensa lo stesso di me. Morale: è il terremoto! La struttura
dell’albergo rantola, i panni appesi a due ganci dondolano come campane, dal
corridoio una voce grida “tutti
fuoriiiiiii….terremotooooooo”.
Di colpo ci ritroviamo fuori dalla stanza con tanti altri clienti,
tra cui aleggia un rincoglionimento misto tra sonno, paura e senso di
disorientamento. Le scosse terminano e il gruppetto di fuggitivi rientra piano
piano nelle proprie stanze. Dalla tv le prime notizie, sempre più tristi e
scioccanti.
Affrettiamo le manovre di ripristino della soma e dopo
colazione via, ripartiamo.
La prima vicinissima meta di giornata è Gradara. Visitiamo
la bellissima rocca e già da qui ci imbattiamo nei segni che il sisma della
mattina ha lasciato, anche a tanti km. dall’epicentro marchigiano.
La visita potrebbe comprendere sia gli interni della rocca
che i camminamenti di ronda. Potrebbe, visto che quest’ultimi sono chiusi per
via di sopralluoghi necessari a valutarne l’integrità.
Ci accontentiamo dell’interno, dove troviamo alcuni segni
del sisma. Uno dei camini è andato giù e con lui alcuni calcinacci.
Continuiamo la visita, imbattendoci in un folto e lento
gruppo guidato. Ogni stanza meriterebbe un approfondimento ma c’è troppa bolgia
e, come al solito, non ci sentiamo a nostro agio nelle caotiche masse umane.
Affrettiamo il passo e ci godiamo quel che si può.
Torniamo alla moto. Il parcheggio si è praticamente
riempito. Il caciarone assalto alla rocca è servito.
Di nuovo in sella, stiamo per da via alla fase “stop and
go”. L’intenzione è quella di visitare paesini vicinissimi tra loro e
meritevoli di un passaggio per motivi diversi.
Non si fa in tempo a mettere la quarta che si è già fermi.
Primo stop a Saludecio,
per godere dei vari murales presenti nel piccolo borgo, che adornano i muri di
molte case fin dal 1991, opere realizzate durante la manifestazione “Ottocento Festival” che annualmente si
svolge nella prima decade di agosto.
Facciamo due passi tra gli stretti vicoli, con nelle
orecchie i canti tipici di una messa.
Infatti, arrivando alla piazza sopraelevata dove si trova la
chiesa di S.Biagio e il Municipio, troviamo la messa celebrata nella piazza. Lì
per lì sembra un modo come un altro per festeggiare il credo sotto la stupenda
luce del sole. In realtà ci imbattiamo nella seconda testimonianza lasciata dal
terremoto. La Chiesa è crepata in vari punti e ce ne rendiamo bene conto
facendo un rapido giro all’interno.
Sembra tutto assurdo. Le crepe si stanno
trasferendo dalla calce all’animo.
L’effimera festa di Helloween trova il modo di strapparci un
sorriso!
Di nuovo go e di lì a breve il relativo stop. Questa volta tocca a Mondaino averci tra le mura, e che mura.
La visita sarà ancor più breve, visto che i punti più
interessanti si condensano in P.za
Maggiore, dove fa bella mostra di se un porticato dell‘800 e Porta Marina.
Ripartiamo. Prima, seconda e…siamo già arrivati. Montegridolfo si rivela una vera
piccola perla, magari un po’ troppo perfettina, quasi artificiale, ma
senz’altro caratteristica e dal medievale sapore di buono, di umano.
Lo starter fa riprendere vita alla strommina, stavolta per puntare casa, godendoci l’autunno
in multicolor.
Sulla strada del rientro facciamo sosta all’Osteria della Massa Trabaria, localino
caratteristico in quel di Lamoli,
dove addentiamo un crostolo, una specie di piadina fatta con farina, uova e
strutto tra gli ingredienti, da riempire a piacimento. In gergo tecnico
culinario definisco la pietanza “buona a bestia!”.
Per digestivo le splendide curve del Trabaria e, dopo un po’ di E45,
dello Spino, con la luce che ci
regala momenti dorati.
A completamento dei magici momenti una volpe coraggiosa ci
attraversa la strada, con la codona che pare fluttuare sull’asfalto.
La Verna
Tramonto sul Croce ai Mori
Scendendo verso Londa
veniamo superati da un auto. Di lì a breve il conducente ci segnala alcuni
punti scivolosi azionando le quattro frecce. Una volta arrivati a Londa lo
ringrazio, lui contraccambia. Altro bel momento di un bel we, corto, intenso,
che ci ha fatto godere di un lembo della nostra fragile Italia, che speriamo
che se la cava…